L’Iliade, così come l’Odissea, è una fondamentale opera epica e mitologica, ma è anche un prodotto storico, una testimonianza, che ci parla di una società arcaica, di un’epoca perduta. Quale? Quella dei Micenei, che già Omero rimpiangeva. Di sicuro, il poeta idealizzò e trasfigurò molti temi e situazioni. Eppure qualche base storica c’è, ed è innegabile.
Gli storici e gli archeologi ragionano da secoli sul valore storico dell’Iliade, ovvero di uno dei testi poetici più importanti della cultura occidentale. Secoli fa si dubitava anche dell’esistenza della città di Troia e dell’attribuzione omerica. Oggi questi due problemi sono stati risolti. Troia è stata trovata: per la precisione nel 1871 dall’archeologo Heinrich Schliemann, sulla sponda asiatica dello stretto dei Dardanelli. Su Omero, oggi si è capito che è impossibile risalire alla reale identità dello scrittore del poema, ma per tradizione e consuetudine letteraria ci va benissimo la figura (forse mitica) dello scrittore cieco tramandata dall’Antichità.
Come dicevamo, il problema della storicità della guerra di Troia è davvero antico. Già Schliemann, con molta lucidità, dichiarò che Omero andava inteso come poeta e non come storico, e che quindi non bisognava trattare l’Iliade come un testo attendibile dal punto di vista storiografico. Indubbio è che il poeta potrebbe aver esagerato per licenza poetica le dimensioni di un conflitto. Secondo Wilhelm Dörpfeld era forse verosimile pensare che Troia sia stata attaccata dai Micenei per essere conquistata. Insomma, la città di Priamo poteva essere stata vittima dell’espansionismo miceneo.
Secondo Carl Blegen la città di Troia deve essere stata distrutta varie volte. Da terremoti, maremoti e invasioni. Una di queste distruzioni è collegabile a una guerra. Si tratta della distruzione avvenuta all’incirca attorno al 1250 a.C.; poi negli anni ’90 del Novecento altri storici hanno ipotizzato che la città sia finita a causa di due differenti guerre.
In generale quasi tutti gli storici oggi datano la guerra di Troia intorno al 1250 a.C., il che confermerebbe l’ipotesi di uno scontro con i Micenei, che in quegli anni dominavano la Grecia.
Secondo questa interpretazione, gli Achei farebbero parte di questo leggendario popolo di predoni che hanno attaccato l’Egitto, l’Anatolia, Creta e l’isola di Cipro. Secondo questa tesi, quindi le storie di Omero potrebbero raccontare in realtà di diversi conflitti verificatisi tra i Micenei e il mondo anatolico nel periodo acheo.
Già nell’Antichità, in verità, si dibatteva sulla storicità dell’evento. La maggior parte dei greci pensava che la guerra di Troia fosse un fatto realmente accaduto, mentre alcuni intellettuali, come Tucidide, dubitavano di certi dati. Per esempio, le 1186 navi citate da Omero sembrano davvero troppe.
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I Greci sapevano che Omero aveva voluto trattare di un passato mitico, plasmato su valori di casta, di suddivisione precisa del potere e di profondo credo religioso. Tutti valori di cui i Greci sentivano in qualche modo mancanza. Il mito, quindi, rappresenta la componente fondante della società. Possiamo considerare l’opera come un esempio, o meglio, un modello per la società futura.
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