La tecnologia 3D sta facendo passi da gigante, soprattutto nell’ambito medico. Scopriamo insieme le ultime novità relative proprio a questo settore!
Le due ingegnerizzazioni più importanti riguardano la ricostruzione dei lobi alari nasali, e quella relativa alle vagine di giovani donne. Vediamo nel dettaglio ciò che è stato fatto! I ricercatori hanno ingegnerizzato con successo tessuto umano da tessuto autologo (cioè autotrapiantato) per la ricostruzione dei lobuli alari nasali. Mentre altri, in uno studio separato, sono stati in grado di progettare e impiantare vagine in giovani donne con aplasia vaginale.
I due studi raggiungono tre importanti traguardi nel campo dell’ingegneria dei tessuti umani, secondo il Dr. Birchall e il Dr. Seifalian. Forniscono la prova che quando nel corpo vengono posizionati scaffold biologici con o senza cellule, al suo posto crescerà il tessuto nativo piuttosto che il tessuto cicatriziale.
Per lo studio sulla ricostruzione nasale, i ricercatori hanno utilizzato cellule di cartilagine del setto nasale di ciascuno dei cinque partecipanti alla ricerca. Hanno effettuato questa operazione per coltivare e modellare innesti di cartilagine, che sono stati poi impiantati nei rispettivi pazienti il cui lobulo alare era stato gravemente danneggiato dal cancro.
Al follow-up di 1 anno, tutti e cinque i destinatari della ricostruzione hanno riferito di essere soddisfatti della loro capacità di respirare, soddisfatti dell’aspetto del loro naso, e contenti del fatto di non aver avuto alcun evento avverso rilevante.
Attualmente, per questo tipo di ricostruzione, gli innesti vengono realizzati utilizzando cartilagine asportata dal setto nasale, dall’orecchio o dalla costola. Quest’ultima asportazione è dolorosa e richiede un intervento chirurgico aggiuntivo, spesso irto di complicazioni.
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Il secondo studio si è occupato di quattro pazienti di sesso femminile, che avevano aplasia vaginale congenita. I ricercatori hanno modellato volte vaginali da muscolatura liscia e cellule epiteliali vaginali, prelevate dai tessuti vulvari dei pazienti e cresciute su impalcature biodegradabili a forma di vagina. Le volte ingegnerizzate sono state, quindi, trapiantate in ciascuna delle giovani donne, che avevano 13-18 anni al momento dell’intervento.
All’ottavo anno di follow-up, tutte le vagine sono state ritenute strutturalmente normali. A quel tempo, tutte e quattro le donne riferirono di essere sessualmente attive: erano soddisfatte:
I campioni di biopsia tissutale annuale mostrano che il tessuto ricostruito è istologicamente e funzionalmente simile al normale tessuto vaginale.
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I risultati indicano che questo metodo è un’alternativa percorribile rispetto alle attuali tecniche ricostruttive vaginali, perché richiede solo un piccolo campione di tessuto e può aiutare a evitare le complicazioni inerenti all’utilizzo di tessuto non vaginale. Con la sindrome di cui soffrono queste donne, sia l’utero che la vagina possono mancare o essere malformati. In questo studio, erano presenti anche due ragazze nate senza utero che ora hanno la possibilità di avere figli.
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