Nuovi record per il supercomputer francese Jean Zay. L’elaboratore diventa il primo High Performance Computing (HPC) a sfruttare la potenza di un coprocessore fotonico. Tutto merito della LightOn, azienda specializzata nell’elaborazione elettronica di matrice fotonica.
Sfruttare la luce per elaborare e trasmettere dati a una velocità inaudita, ecco che cosa può fare il computer Jean Zay. Dopo essere stato riconosciuto come uno dei computer più potenti al mondo (attualmente è alla posizione 105 della classifica dei Top 500 dei supercomputer), il Jean Zay è diventato anche il primo High Performance Computing (HPC) con un coprocessore fotonico. Il compressore Appliance sviluppato dall’azienda LightOn è stato integrato con successo nel sistema informatico. Cosa può fare? Innanzitutto trasmettere ed elaborare le informazioni tramite la luce anziché la corrente elettrica.
La LightOn è un’azienda specializzata nell’elaborazione fotonica, e la sua unità di elaborazione ottica (OPU) denominata Appliance aumenta la potenza e le performance del supercomputer francese Jean Zay. La sperimentazione è stata sviluppata nell’ambito di un programma pilota con GENCI e IDRIS. Prima di andare avanti, però, eccovi una curiosità. Sapete da dove viene il nome del computer francese? Da un ministro del Paese, l’uomo che dal 1936 al 1939 curò la pubblica istruzione e le belle arti nazionali.
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Siamo di fronte a una grande svolta tecnologica, ma non solo. il coprocessore fotonico rappresenta una novità per il settore. E già sappiamo che tale tecnologia verrà applicata allo sviluppo di metodi di machine learning e analisi di dati su larga scala.
Per coprocessore intendiamo una specifica tipologia di processore che fornisce all’elaboratore potenza supplementare e sistemi personalizzati. L’aggettivo fotonico si riferisce invece a fatto che la CPU utilizza i fotoni al posto degli elettroni. Ciò comporta innanzitutto un netto risparmio energetico ma anche una minore richiesta di raffreddamento. In più, la velocità dell’elaboratore cresce fino a mille volte.
L’azienda collabora da tempo con varie realtà informatiche. Abbiamo conosciuto i primi prodotti fotonici di LightOn già quattro anni fa, quando sono stati implementati per la prima volta in un data center. Ma per il futuro si preannunciano collaborazioni più trasversali. Infatti, con l’avvento delle pesanti applicazioni di machine learning e AI, l’informatica chiede elaboratori sempre più potenti e veloci. In tutti i settori. Ecco perché i coprocessori fotonici potrebbero trasformarsi nella tecnologia dominante del futuro. Con i fotoni, è certo che CPU, GPU, TPU e OPU lavoreranno con maggiore efficienza e offriranno migliori prestazioni.
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I nuovi coprocessori aiuteranno nell’elaborazione di big data. Ma in molti casi la fotonica è già sfruttata a livello informatica. Nella ricerca legata al Covid-19, per esempio. E in particolare negli studi sulla dinamica molecolare, un’area dell’informatica che lavora benissimo proprio grazie agli acceleratori fotonici. Questi processori, non a caso, offrono tempi di latenza incredibilmente bassi e risparmio energenito.
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