Alcuni ricercatori paventano che il mondo si stia avvicinando a una fase critica. Per qualcuno, nei prossimo secoli potrebbe formarsi una nuova Pangea (un unico grande continente, senza barriere naturali) mettendo così a rischio di sopravvivenza tutti gli ecosistemi territoriali. La nuova era prevista dalla scienza ha già un nome: Homogecene.
Il disboscamento, il riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacci ci stanno conducendo a una nuova era geologica: l’Homogecene, un’età collegata alla nociva comparsa, in ogni angolo del mondo, di specie invasive, che limiteranno la biodiversità.
La nuova era dell’omogeneità: l’Homogecene
Tutte le analisi globali svolte dagli scienziati confermano che la flora mondiale sta diventando sempre più uniforme in tutti i continenti della Terra, perfino in Australia. Tale evidenza è per più ragioni negativa. Con l’omogeneità delle specie, sono destinate a soccombere tutte quelle creature (vegetali e animali) che definiamo fragili, rare e territoriali. E tutto questo per colpa dell’avvento dell’Homogecene, la nuova era geologica verso la quale il mondo si sta avviando. Il problema è studiato ormai da anni. Se ne parla infatti già dall’inizio del nuovo millennio.
Gli effetti di questa uniformità sono evidenti anche negli angoli più remoti del mondo. Tutti gli ecosistemi unici stanno morendo. A causa dell’inquinamento, del disboscamento e della presenza umana, sempre più invadente. Giorno dopo giorno, si riduce ogni distanza tra le “ecoregioni” del mondo. Addirittura alcuni scienziati temono che la perdita delle barriere naturali possa un giorno creare una nuova Pangea.
I peccati dell’uomo
Dei ricercatori hanno notato come la mancanza di sottobosco nei campi coltivati a caffè o nelle risaie della regione consenta ai parassiti di svilupparsi sempre di più, e di assalire api e vespe. I parassiti sono un termometro fenomenale per valutare lo stato di salute di un habitat. Ed è chiaro che i parassiti hanno più difficoltà a imporsi in un habitat chiuso e complesso piuttosto che in aree deforestate.
Ogni terreno coltivato diventa una struttura semplificata che implica una preoccupante diminuzione della diversità delle interazioni. E tutto ciò dipende dall’uomo, ovviamente. Moltissime specie si stanno estinguendo a livello globale. In ogni luogo in cui si perdono specie autoctone si verificano nuove invasioni di specie diffuse a livello globale. Ciò significa che la distinzione delle flore e delle faune globali sta effettivamente scemando. E tale fenomeno sta aggredendo il mondo, facendolo ammalare.
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Il mondo sarà presto uno scenario piatto, omogeneo: il paesaggio cinese assomiglierà a quello mediterraneo, la vegetazione sudamericana diventerà simile a quella africana. Le conseguenze di questo fenomeno sono preoccupanti. Anche per la nostra sopravvivenza. Senza varietà, non sono più assicurati generi alimentari. Trovano invece terreno fertile parassiti, batteri e virus. Che possono saltare più semplicemente da una specie all’altra.
Il caso delle more
Facciamo un esempio pratico: le more. Questi frutti sono molto ricercati dai mercati anglosassoni e continentali. Per questo molti coltivatori nel mondo hanno impiantato questa specie. Alcuni studi dimostrano che le more, che crescono selvatiche in Australia, hanno un impatto su almeno quarantasette specie minacciate attraverso la riduzione dell’habitat.
Le piante di more, inoltre, in quanto rampicanti, diventano un ostello per parassiti che poi distruggono le altre specie in competizione. Queste coltivazioni costano centinaia di milioni di dollari in danni, e solo considerando i tentativi di contenimento del fenomeno, il ritorno dei produttori è nullo.
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L’analisi sulle more è esplicativa. La Terra già subisce i danni di un’omogeneità fuori controllo. Ma la paura è che presto l’intera biosfera sarà ridotta ad un unico campo semplificato dall’habitat povero. Se vi interessa approfondire la questione, lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.