Dopo tremilacinquecento anni dei ricercatori hanno finalmente aperto la mummia di Amenhotep I. E così, sono in pratica arrivati a studiare i resti oltre le bende e a scoprire dettagli importanti su questa misteriosa figura. Il tutto, senza rovinare il reperto. Tale intervento è stato possibile grazie a una nuova tecnologia digitale.
La mummia di Amenhotep I, aperta in digitale
Una ricerca sviluppata da scienziati egiziani ha rivelato dettagli inediti sulla vita e sulla morte del sovrano Amenhotep I (anche conosciuto come Amenofi), incoronato intorno al 1535 a.C. come faraone. All’interno degli antichi involucri che proteggevano la mummia gli archeologi e i radiologi hanno trovato trenta preziosi amuleti e una cintura d’oro. La mummia era stata scoperta nel 1881, nella tomba DB320, meglio conosciuta come anche il nascondiglio di Deir el-Bahari, dove era stata fatta trasportare dai sacerdoti di Amon, durante il regno di Sheshonq I, per essere salvata.
Questa mummia non era stata mai aperta. Gli archeologi l’avevano sempre trovata troppo fragile, e la paura era che potesse distruggersi. Il faraone defunto è infatti coperto da un cartonnage, ovvero tramite una tecnica messa a punto nell’Antico Egitto, per realizzare le maschere funerarie. Di solito le maschere in cartonnage erano realizzate sovrapponendo strati di lino o di papiro, poi stuccati e dipinti con intonaco.
Un riposo lungo 3500 anni
Così dopo tremilacinquecento anni di sacro mistero, la mummia è stata finalmente studiata. Aperto digitalmente da alcuni scienziati egiziani, il reperto ha subito rivelato dettagli importantissimi sulla vita e sulla morte del re. Al momento della morte, Amenhotep I aveva circa trentacinque anni, era alto uno e sessantanove, era circonciso e aveva denti sani. Portava con sé moltissimi amuleti, che testimoniano un culto poco conosciuto, e una cintura d’oro.
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La mummia era dunque decorata con ghirlande di fiori e una maschera facciale in legno. Ma era sempre apparsa troppo delicata agli archeologi. Perciò nessuno si era mai permesso di sfiorarla. Ora però i ricercatori della facoltà di Medicina dell’Università de Il Cairo, guidati dalla professoressa Sahar Saleem sono riusciti a scaricare digitalmente la mummia e “staccare” i suoi strati a livello virtuali.
La Saleem non è nuova a ricerche simili: studia le tombe attraverso la radiologia e con la tomografia computerizzata. Così facendo sarà possibile studiare questo faraone ben conservato e scoprire moltissime cose. Il cranio, infatti, è in ottime condizioni. In più, lo stesso metodo in CT scan potrà essere esteso ad altri reperti.
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I ricercatori hanno scoperto che la mummia ha subito lesioni multiple post mortem, probabilmente inflittegli da profanatori e tombaroli già in epoca egizia. Infatti, secondo le iscrizioni geroglifici, i sacerdoti e gli imbalsamatori cercarono di riparare la mummia quattro secoli dopo la morte di Amenofi, quando si era sviluppato un culto legato al faraone della XVIII dinastia.