L’ESO (Osservatorio Europeo Australe) ha rivelato al mondo due nuovi studi basati sui dati di VLTI che si concentrano sulla zona più interna della Via Lattea, nei pressi del buco nero supermassiccio Sagittarius A*. Le immagini offerte dall’osservatorio sono di una nitidezza mai vista.
Sagittarius A*, fino a tre o quattro anni fa, era considerata una sorgente di onde radio molto compatta e luminosa. Oggi, invece, sappiamo con sicurezza che si tratta di un buco nero supermassiccio che si trova al centro della nostra Via Lattea. Ha una massa di 4,3 milioni di volte quella del Sole e un potere attrattivo fenomenale. Dopo lunghi anni di studi e ricerche, ora possiamo “guardare in faccia” questo buco nero. E tutto ciò grazie alle osservazioni dello strumento GRAVITY sul Very Large Telescope Interferometer (VLTI) dell’ESO.
Gli astrofisici vogliono saperne di più su questo spaventoso buco nero al centro della Via Lattea. Per la scienza, Sagittarius A* (per molti anni considerato il punto intorno a cui ruotano tutte le stelle della Via Lattea) ha un’enorme importanza. Non a caso, Reinhard Genzel, direttore del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics, ha ricevuto un premio Nobel nel 2020 proprio per le sue ricerche su questo oggetto celeste che nessuno riusciva a inquadrare. E che cosa vogliono scoprire i ricercatori? Innanzitutto quanto questo buco nero sia massiccio. Poi, interessa capire se è in grado di ruotare. E, infine, si vuol sapere in che modo le stelle gli girano intorno (secondo gli schemi suggeriti dalla relatività di Einstein o diversamente)?
Il modo migliore per rispondere a tutte queste domande, secondo i ricercatori, è seguire le stelle su orbite vicine al buco nero supermassiccio. E grazie al telescopio VLTI oggi quest’osservazione è più facile ed efficace. Il VLTI, infatti, offre immagini a incredibile risoluzione spaziale.
“Siamo sbalorditi dalla loro quantità di dettagli, dall’azione e dal numero di stelle che si rilevano attorno al buco nero”, ha affermato la dottoressa Julia Stadler, astrofisica presso il Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics.
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Proprio la Stadler, insieme al già citato professor Genzel, al dottor Gillessen e ai tecnici del GRAVITY, è riuscita a dar forma ad una nuova tecnica di apprendimento automatico chiamata Information Field Theory. Si parte da un modello di calcolo con cui i ricercatori possono oggi ricreare le sorgenti reali e simulare immagini di stelle lontane. Poi, confrontando queste simulazioni con le immagini catturate grazie a GRAVITY, gli astrofisici hanno rintracciato e seguito alcune stelle (S2, S29, S38 e S55) nei loro moti intorno a Sagittarius A*. E, sorprendentemente, hanno trovato una stella, chiamata S300, che non era stata mai vista in precedenza.
Gli studiosi hanno anche scoperto che la stella S29 si è avvicinata tantissimo al buco nero nel maggio 2021. E questo significa che le stelle seguono percorsi di rivoluzione coerenti con le previsioni della relatività generale (intorno a oggetti massa compatibile con quella di un buco nero).
Gli scienziati sono anche riusciti a mettere a punto la distanza precisa di Sagittarius A*: il buco nero si trova a ventisettemila anni luce di distanza dalla nostra Terra. Quindi è il buco nero più vicino al nostro Sistema.
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Seguire le stelle su orbite ravvicinate attorno a Sagittarius A* ci consente dunque di sondare con precisione il campo gravitazionale attorno al buco nero più vicino alla Terra, di testare la relatività generale e di determinare le proprietà del buco nero.
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