Siamo abituati a considerare la nanotecnologia come una conquista della scienza contemporanea, eppure alcuni ricercatori hanno scoperto che gli artigiani medievali utilizzavano questo tipo di tecnica già nel XIII secolo, vale a dire ai tempi di Federico II di Svevia. Proprio così: esistevano dei lavoratori specializzati in grado di sfruttare modelli tecnici compatibili con la nanotecnologia per creare un materiale sottilissimo di decorazione (Zwischgold). Come facevano? Be’, questo è ancora un mistero.
La nanotecnologia è un ramo della scienza applicata che si occupa del controllo della materia su scala dimensionale nell’ordine del nanometro, ossia un miliardesimo di metro. Il primo riferimento alla nanotecnologia si deve a Richard Feynman che nel 1959 suggerì un metodo per manipolare atomi e molecole: il cosiddetto scale-down. E ora qualcuno ha scoperto che i medievali usavano questa tecnica in contesto artistico prima della nascita di Giotto. Succedeva quando si sfruttava una prassi che gli storici chiamano Zwischgold.
Lo Zwischgold era una tecnica per metà artistica e metà furfantesca sviluppatasi in Europa continentale. Era usato nella nobilitazione delle superfici lignee policrome e degli affreschi, e soprattutto per fare la cresta sui materiali delle opere. Questo stile conobbe un grande successo nel XIII secolo, quando cominciò a essere utilizzato per eliminare l’oro dalla doratura delle decorazioni. Gli specialisti di questa prassi agivano soprattutto in Germania, in Svizzera e in Italia del Nord (Trento).
In pratica abbiamo a che fare con artigiani chiamati ad applicare oro su statue, affreschi o codici miniati, come di moda all’epoca. Ma per non spendere troppo in materia prima, o per fregare i committenti, questi artisti impararono a creare lamine di metallo costituite da un sottilissimo strato d’oro fissato su un supporto d’argento. Così facendo gli artisti potevano applicare le loro lamine adulterate su piccole sculture, dipinti, medaglie e codici fingendo di aver usato soltanto oro puro.
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Presto però si capì che lo Swischgold non era solo utile a far risparmiare sull’oro ma si prestava anche a una nuova funzione artistica: permetteva di giocare con le sfumature, ottenendo toni più pallidi o smorti, quindi più naturali.
Gli studiosi oggi rintracciano lo stile Zwischgold in moltissime opere: piccole sezioni di sculture, altari, dipinti murali e miniature di libri.
Dopo aver esaminato parecchi campioni di Zwischgold trovati in oggetti tardomedievali del Museo nazionale svizzero, alcuni ricercatori guidati dal professor Quing Wu si sono accorti di qualcosa di strano. Hanno studiato i campioni attraverso la microscopia elettronica a scansione ad alta risoluzione abbinata all’analisi a raggi X a dispersione di energia (SEM-EDX), e così hanno compreso che gli spessori e le proporzioni dei materiali sono infinitamente piccoli.
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La tipica foglia Zwischgold ha infatti uno spessore totale compreso tra 50 e 260 nanometri (nm). Lo strato d’oro è invece compreso al massimo 30 nm. Insomma, gli artigiani del XIII riuscivano a creare lamine diecimila volte più sottili di un capello.
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Ecco perché, in termini scientifici, è possibile parlare di nanotecnologia. Come diavolo ci riuscivano? Nessuno ancora lo ha capito!
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