Scoprire nuovi oggetti celesti non è per nulla semplice. Per farlo è necessario avere sempre nuove idee e nuove strumentazioni che possano ampliare i confini della nostra conoscenza. Quando questo accade, si aprono nuovi mondi che possono far luce su tanti interrogativi e al contempo crearne degli altri. Questo è quello che è accaduto anche con la probabile scoperta del pianeta extra-galattico M51-ULS-1, ma andiamo con ordine e cerchiamo di analizzare tutta la vicenda.
Alcune idee riescono a dare uno slancio imprevedibile alla scienza. Fu così anche con l’invenzione del cannocchiale. Fino a quel momento della storia, la nostra conoscenza del cosmo era ridotta a quello che si poteva osservare ad occhio nudo.
Grazie all’invenzione di Galileo Galilei ci si trovò di fronte ad un nuovo mondo, dove quelle che fino a quel momento venivano chiamate stelle non erano altro che altri sistemi solari.
Fu da qui che iniziò il sogno di cercare nuovi pianeti al di fuori del nostro sistema solare. Per far si che questo si realizzasse, si dovette però aspettare fino agli anni ’90, quando grazie ai dati ottenuti dai grandi telescopi, si poterono applicare il metodo del transito e il metodo della velocità radiale, le due principali tecniche per la ricerca di nuovi pianeti.
Queste assieme alla tecnica basata sull’effetto a lente gravitazionale, hanno permesso ad oggi di scoprire circa 4284 pianeti all’interno della Via Lattea, ma purtroppo un loro utilizzo su scale maggiori non è fattibile.
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Il metodo dei transiti e quello della velocità radiale, non possono proprio spingersi più in là delle distanze galattiche, mentre con l’effetto a lente gravitazionale si può andare un po’ più in la, spingendo la ricerca anche alle galassie più vicine, come quella di Andromeda. Tuttavia i risultati ottenuti non sono sufficienti per dimostrare la presenza di pianeti in queste galassie.
Non c’è via di scampo, per cercare pianeti extra-galattici serve un altro metodo. È qui che entra in gioco l’idea avuta dalla ricercatrice Rosanne Di Stefano che studiando le emissioni di raggi X da parte di particolari sistemi stellari, chiamati stelle binarie a raggi X, è riuscita ad individuare M51-ULS-1, un candidato che potrebbe ospitare il primo pianeta extra-galattico della storia. Per capire meglio di cosa si tratta e di come sia stato individuato, dobbiamo prima dare un’occhiata alle caratteristiche del sistema stellare che lo ospita.
Ci troviamo a circa 28 milioni di anni luce dalla terra nella galassia M51, conosciuta anche con il nome di galassia Vortice. Al suo interno è stata individuata la presenza di un cosiddetto sistema binario a raggi X, ovvero un sistema stellare composto da due corpi, una stella supergigante blu e un altro oggetto estremamente massivo, probabilmente una stella di neutroni o un buco nero.
La distorsione dello spaziotempo generata da quest’ultimo è talmente forte da risucchiare letteralmente lo strato esterno della supergigante blu, divorandola un poco alla volta. Questo fenomeno provoca una continua emissione di raggi X che contraddistingue i sistemi stellari di questo tipo e che permette di individuarli rispetto agli altri.
Ma torniamo al nostro pianeta, com’è stato individuato? Beh, se attorno al sistema binario orbitasse un pianeta, sarebbe possibile osservare una variazione dell’emissione di raggi X nel momento del suo transito tra noi e la stella che li emette. È proprio questo che è stato fatto da Rosanne Di Stefano, che in base a questa intuizione ha analizzato i dati raccolti dal Chandra Xray Observatory della NASA e dal XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea facendo la straordinaria scoperta.
L’analisi ha infatti individuato che il sistema M51-ULS-1 potrebbe ospitare il primo pianeta extra-galattico della storia umana che è stato chiamato M51-ULS-1b. Secondo lo studio esso sarebbe un pianeta gassoso, molto simile a Saturno e che orbiterebbe ad una distanza simile a quelle in cui orbita Urano rispetto al nostro sole.
Tuttavia per ora questa rimane solo un’ipotesi, che deve essere confermata. Infatti non si è nemmeno sicuri che si tratti di un pianeta. Potrebbe per esempio essere anche una nana bruna, una stella delle dimensioni simili a quelle del pianeta ma molto più massiva.
Tuttavia la sua presenza avrebbe creato anche un effetto a lente gravitazionale, cosa che non si è osservata. Inoltre essendo la nana bruna lo stadio finale di una precedente stella, risulta molto difficile che si trovi in un sistema solare così giovane come M51-ULS-1. Bisogna inoltre fare anche un’ulteriore considerazione.
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I sistemi binari a raggi X sono degli ambienti molto violenti e davvero poco ospitali. La presenza di altri oggetti celesti orbitanti attorno ad essi sembra essere davvero molto remota, ma nulla è detto e come molte volte accade le nostre idee sono fatte per essere smentite.
Ciò che provoca le variazioni di emissione di raggi X solo il tempo ce lo dirà. Per capirlo sono necessarie ulteriori misure, ma siccome il periodo di rotazione del pianeta sembra essere di decine d’anni, questo potrebbe richiedere molto tempo. Intanto possiamo prendere spunto da questa idea per applicare la stessa tecnica anche ad altri sistemi binari a raggi X, per esempio quelli presenti all’interno della Via Lattea.
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Un approccio del genere non solo ci permetterebbe di scoprire nuovi pianeti, ma ci darebbe anche ulteriori informazioni su dei sistemi solari esotici di cui conosciamo davvero poco, magari, svelandoci anche dei segreti che ora come ora, non possiamo nemmeno immaginare.
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