Il settore della produzione dei chip è in crisi. Il 2021 è stato un anno nero per i produttori di semiconduttori avanzati e per le aziende che assemblano o potenziano i microchip essenziali ormai in ogni aspetto della nostra vita. Per questo il Giappone vuole investire per cercare una soluzione. L’idea alla base del rilancio è… ristabilire l’antica supremazia informatica nipponica.
Da un po’ di mesi ormai si parla di crisi internazionale dei chip. Il colosso dei microchip TSMC ha per esempio di recente pianificato di aumentare i prezzi fra il 10% e il 20% tra fine 2021 e inizio 2022. I produttori hanno rallentato e, di conseguenza, la domanda è schizzata in alto. La crisi sarebbe cominciata nei giorni del Covid per ragioni connesse alle difficoltà economiche dell’industria elettronica.
Altri analisti pensano che il problema sia nato dalla mancanza di materia prima (il silicio da cui si ottengono le piastrine). Il fatto è che, bloccandosi la Cina per alcuni mesi, si è bloccata tutta la filiera. Ma ora il Giappone ha intenzione di investire un mucchio di risorse per risollevare la produzione e arginare la crisi del settore.
Pare che il Giappone voglia investire 5,2 miliardi di dollari per supportare i produttori di semiconduttori avanzati, nel tentativo di aiutare a risolvere la preoccupante carenza di chip in tutto il mondo. I fondi saranno devoluti ai maggiori produttori di circuiti integrati, e una grossa fetta sarà dunque consegnata alla Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC). Almeno questi sono i dettagli filtrati dal rapporto iniziale del piano di aiuto, svoltosi nei giorni scorsi a Nikkei.
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La TSMC ha infatti da poco costruito un nuovo impianto per la produzione di chip proprio in Giappone, facendo fronte a un mastodontico investimento (supportato dalla Sony Group Corp). E, quasi in contemporanea, il settore è entrato in crisi. Ecco perché il Giappone potrebbe essersi sentito obbligato a intervenire.
La carenza di chip è diventata critica durante il periodo del Covid 19. I problemi per i produttori sono stati enormi. Ma le ripercussioni si sono avvertite anche nella vita di tutti i giorni. Per esempio, sono aumentati i prezzi delle automobili (che come tutti i prodotti di nuova generazione hanno bisogno di chip per funzionare).
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Il Giappone, ovviamente, non vuole soltanto intervenire per altruismo (ossia per arginare la crisi di chip), ma sente soprattutto il bisogno di rilanciare l’intera economia nazionale. Il tentativo è quello di approfittare del momento negativo per tornare ad affacciarsi nel mercato informatico. Dopo più di trent’anni di crisi dell’economia produttiva nipponica, Tokyo vuole tornare a investire sul settore dei semiconduttori e dei supporti indispensabili al mondo dell’informatica. Per tornare a primeggiare, superando la concorrenza di Taiwan, Cina, Indonesia e India.
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