Gli archeologi dell’Università di Münster e dell’Accademia Nazionale delle Scienze della Repubblica di Armenia hanno scoperto le fondamenta monumentali di un acquedotto incompiuto di epoca romana. Lo scavo è stato effettuato nei pressi dell’antico monastero di Khor Virap. Una grande e inaspettata sorpresa per gli addetti, che stavano lavorando agli scavi nell’antica città di Artashat-Artaxata. Una città reale ellenistica nell’antica Armenia dalla storia molto movimentata.
Dunque sono stati scoperti i resti di un acquedotto ad arco romano, in Armenia, e gli entusiasmanti risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Archäologischer Anzeige. Abbiamo a che fare con le fondamenta monumentali di un ponte acquedotto incompiuto. Un’opera costruita dall’esercito romano tra il 114 e il 117 d.C. nella città di Artashat-Artaxata. Durante quegli anni l’Impero Romano era nella fase di sua massima espansione territoriale. A capo di tutto c’era Traiano, il grande conquistatore.
La storia dell’acquedotto armeno
Secondo i piani di Traiano, Artaxata doveva diventare la nuova capitale di una provincia popolata dai popoli armeni. E a quanto pare l’acquedotto rimase incompiuto a causa della morte di Traiano, databile nel 117 d.C.: di fatti, il suo successore Adriano rinunciò a mantenere in vita la provincia dell’Armenia, e ritirò l’esercito.
Gli scavi ci interessano anche perché i ricercatori hanno utilizzato una combinazione multidisciplinare di metodi per lo studio. Oltre a mettere in campo strategie tipiche dell’archeologia, hanno impiegato anche metodi propri della geofisica, della geochimica e dell’archeoinformatica.
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Tutta l’area della metropoli ellenistica conosciuta come Artaxata, infatti, è stata studiata attraverso strumenti sensibili di solito utilizzati per la geomagnetica. I ricercatori hanno scandagliato una buona parte della pianura dell’Ararat. E tutto ciò per esaminare e tracciare eventuali anomalie nel terreno. Alla fine, è venuta fuori una lunga linea tratteggiata nelle profondità del suolo.
I Romani nella città di Artaxata
Infine, grazie a delle perforazioni di tipo industriale, gli archeologi hanno raccolto prove concrete dell’opera, rivelando la presenza di pilastri incompiuti o distrutti. Tutti elementi costitutivi dell’acquedotto romano.
Per arrivare a questo, i ricercatori hanno utilizzato immagini satellitari e immagini infrarosse catturate da un drone. Così hanno visualizzato l’andamento dei pilastri dell’acquedotto a livello globale. E, quindi, sono riusciti a ricostruire l’andamento architettonico dell’acquedotto mediante un’analisi computerizzata del percorso.
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Ormai è dal 2018 che il team di archeologi è al lavoro. La squadra è composta da scienziati tedeschi e armeni, guidati da Achim Lichtenberger (Università di Münster). Fra i responsabili: Mkrtich Zardaryan (Accademia delle scienze armena) e Torben Schreiber (Università di Münster). Le ricerche sulla metropoli ellenistica di Artaxata in Armenia hanno però portato alla luce qualcosa di inaspettato. Un’opera romana, e non ellenistica. Capita spesso in archeologia. Secondo alcuni studiosi, il nuovo acquedotto potrebbe essere catalogato come una delle ultime grandi costruzioni più a Est prodotte dagli antichi Romani.
Fondata nel 189 a.C. da Artaxia, la città armena era molto cara ad Annibale, che la volle come roccaforte di frontiera contro i Parti. Corbulone la distrusse poi per primo (58 d.C.), e Tiridate la ricostruì nel 66 con il nome di Neroneia. Nell’anno 163, il governatore di Cappadocia Stazio Prisco la rase al suolo per l’ultima volta.