Tempo fa il mondo della scienza astrofisica fu scosso da una notizia insolita. Era stato rilevato un buco nero fuori dalla Via Lattea attraverso un metodo non ortodosso. Mentre si ricercava una stella in un’orbita binaria accanto a un oggetto muto, cioè che non lascia informazioni, era sbucato fuori NGC 1850 BH1. Un buco nero molto inquietante, posto nella Grande Nube di Magellano, a circa 160 mila anni luce di distanza dalla Terra. Ma oggi si è scoperto qualcosa di nuovo, e la notizia viene ribaltata.
Novità sul destino di NGC 1850 BH1 rintracciato ai margini della Via Lattea, l’oggetto cosmico indicato come buco nero. Ebbene, una nuova ricerca ci comunica che tutte le previsioni e le analisi fatte dal team guidato dal professor Saracino erano sbagliate. Non avremmo a che fare con un buco nero ma con una stella. Entra così in crisi la scoperta fatta dagli astronomi di Oxford (Sarracino) e dell’università di Göttingen (Dreizler). Stiamo parlando di quei ricercatori che utilizzarono il Multi Unit Spectroscopic Explorer (MUSE) sul gigantesco telescopio dell’ESO per rilevare un buco nero di piccola massa nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, a circa centosessantamila anni luce di distanza dalla nostra Terra.
Il buco nero che non è un buco nero
Secondo gli studiosi si trattava di un buco nero circa undici volte più massiccio del nostro Sole. L’oggetto denominato NGC 1850 BH1, tuttavia, non è quello che i ricercatori si aspettavano. E, di conseguenza, decade anche l’entusiasmo per il metodo di ricerca utilizzato. Per capire cosa è successo bisogna prima ripercorrere le tappe dello studio. Gli scienziati si erano concentrati su un oggetto facente parte di un sistema binario. Prima si sono accorti che la sua compagna era una stella spenta (una nana rossa) e quindi hanno ipotizzato che NGC 1850 BH1 potesse essere un buco nero. Di solito, gli astronomi rilevano i buchi neri di massa stellare in altre galassie captando il bagliore dei raggi X emesso mentre questi corpi ingoiano la materia. Oppure si basano sulle onde gravitazionali generate quando i buchi neri si scontrano tra loro o con altre stelle di neutroni.
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E qui è sorto un problema: la maggior parte dei buchi neri di massa stellare non rivela la propria presenza attraverso i raggi X o le onde gravitazionali. Per rintracciare e riconoscere questi corpi c’è bisogno di una ricerca dinamica. Cioè: bisogna studiare le interazioni che il corpo ha con l’altra stella. Per farlo, ovviamente, servono strumenti molto sofisticati. Perciò gli studiosi sono stati due anni a raccogliere dati con lo strumento MUSE. Hanno fatto calcoli, previsioni, test, e si sono convinti di aver individuato qualcosa di strano nei movimenti di una stella collocata nella Grande Nube di Magellano. In base a quei movimenti hanno pensato che il corpo vicino alla nana rossa dovesse essere un buco nero.
Successivamente, grazie alle lenti gravitazionali ottiche (OGLE) dell’Università di Varsavia e al telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA il team ha tentato di misurare la massa del buco nero e dare una conferma alla ricerca.
La nuova natura di NGC 1850 BH1
Nel mondo dell’astrofisica, però, si sono subiti sollevati dei dubbi sul metodo utilizzato. Di fatti, è abbastanza complicato osservare il movimento orbitale di una stella normale attorno a un buco nero. Quindi ci potrebbero essere stati parecchi errori di calcolo. In teoria, è ancora possibile che NGC 1850 BH1 sia un buco nero, ma per un numero elevato di commentatori il fatto è abbastanza improbabile. Di sicuro, indimostrabile.
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Un secondo team di astrofisici ha tentato di misurare la massa del secondo oggetto con metodi più tradizionali. Lo studio ha portato alla conclusione che la massa di questo corpo è tra 0,65 e 1,65 volte la massa del Sole. Non undici volte.
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Tale ricalcolo, come anticipato, non esclude che NGC 1850 BH1 possa essere un piccolo buco nero, ma in pratica rende la dimostrazione della precedente scoperta molto criticabile.