Avete di sicuro già sentito parlare dell’incidente di Roswell. E se non ne avete avuto mai l’occasione, ritenetevi in parte fortunati. Abbiamo infatti a che fare con la madre di tutte le teorie complottistiche e ufologiche della contemporaneità. Una storia complicata, sottilmente affascinante, in cui è davvero facile perdersi o smarrire il buon orientamento della ragione. Di cosa si parla? Di un episodio avvenuto negli Stati Uniti d’America, nella località di Roswell appunto, il 2 luglio 1947, allorché un oggetto non identificato precipitò al suolo. Vi va di ripercorrerne la storia?
Il fattaccio avvenne la notte del 3 luglio 1947. Uno schianto sorprese la contea di Chaves, presso Roswell, una desolata cittadina del Nuovo Messico (allora contava ventisettemila anime). La mattina successiva, l’allevatore William Ware Mac Brazel trovò nel suo ranch alcuni rottami: pezzi di ferro, lamine di alluminio, pezzetti di gomma, carta stagnola, aste ammaccate di legno e resti bruciacchiati di lattice. Brazel ne informò lo sceriffo e mostrò i reperti.
Intanto nella cittadina, popolata per lo più da campagnoli e soldati (lì vicino c’era una base militare) già si parlava di dischi volanti. Due coniugi, in particolare, riferivano nei bar e per strada di aver avvistato in cielo oggetti volanti non identificati. Si trattava dei coniugi Wilmot… Pur trovandosi al cospetto di pezzi di ferro, di legno e di stagnola, lo sceriffo si angosciò di fronte ai resti portatigli da Brazel e decise perciò di farli analizzare alla base militare di Roswell. Qui, il maggiore Jesse Marcel li giudicò non appartenenti al materiale in dotazione: non si trattava di un missile o di un aerostato: secondo Marcel, quella roba, doveva provenire da un’astronave!
La notizia della caduta di un UFO finì sui giornali locali e poi su quelli nazionali. Intanto gli alti gradi militari si fecero avanti con ricerche approfondite e analisi. Alla fine vennero fuori altri i resti, che i soldati giudicarono compatibili con quelli di un pallone sonda. L’aeronautica dovette chiarire ai media che parlare di pallone sonda non equivaleva a dare credito alle voci sulla caduta di un disco volante. Si aveva che fare, insomma, con una sonda utilizzata da una stazione meteorologica del luogo per rilevare la velocità e la direzione dei venti ad alta quota.
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Per molti anni l’evento fu taciuto e quasi dimenticato. Poi negli anni ’80 entrò in gioco l’ufologo Stanton T. Friedman, responsabile delle prime teorie del complotto che affermavano un dietrofront da parte della Difesa americana per non ammettere di aver acquisito prove inconfutabili sulla presenza di un UFO. Friedman si recò a Roswell e intervistò alcuni testimoni dell’incidente. Parlò anche con Jesse Marcel, il maggiore dell’esercito. Marcel disse a Friedman che la versione del pallone sonda era un falso, una scusa intentata dal Governo per nascondere la verità. Friedman pubblicò un articolo nel saggio The Roswell Incident di Charles Berlitz e William Moore. E così l’incidente Roswell divenne di dominio pubblico.
Ci furono due inchieste negli anni ’90 per far luce sull’accaduto. E da questi procedimenti emerse che a schiantarsi a Roswell fu un modulo del Progetto Mogul, operazione segreta del Governo per indagare sull’esistenza di eventuali test atomici e lanci di missili balistici da parte delle forze sovietiche.
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La comunità ufologica continuò però a manipolare la narrazione dei fatti, per confermare l’ipotesi di un contatto con un’astronave extraterrestre (abbattuta dai sovietici o dagli americani, o ancora dai marziani, a seconda delle versioni), poi nascosta nell’Area 51 (insieme ai cadaveri degli alieni).
Come possiamo oggi giudicare il caso Roswell? Come un fatto storico in cui emergono con chiarezza il potere della suggestione di massa e della disinformazione organizzata. In ciò ha larga importanza il tipico spirito sensazionalistico del folclore nordamericano, a cui gli UFO sono sempre piaciuti. Cosa resta di tutto ciò? Innanzitutto un museo, l’International UFO Museum, che però assomiglia di più a un negozio di souvenir, con sede ovviamente nella cittadina del New Mexico. E poi tante tante chiacchiere a vuoto.
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