Cosa succede quando qualcosa si rompe all’interno della Stazione Spaziale Internazionale? Gli astronauti non possono aspettarsi ricambi o soluzioni dalla Terra: il trasporto sarebbe lento, costoso e poco sicuro. E così bisogna ingegnarsi. Capita spesso che ci si improvvisi riparatori, con i pochi mezzi a disposizione. Anche nei giorni scorsi, gli ospiti dell’ISS hanno avuto a che fare con il rischio concreto di danni e guasti causati dall’impatto con dei detriti spaziali. Per fortuna, però, non ci sono state rotture. Ma in altri casi…
Durante le missioni nello Spazio bisogna aspettarsi qualsiasi tipo di inconveniente. Le apparecchiature si rompono, soprattutto per usura. I computer smettono di funzionare. Parti meccaniche dell’astronave offrono prestazioni scadenti o si staccano. E allora è necessario darsi da fare per riparare ciò che non funziona. Famoso è il problema affrontato dall’equipaggio della missione Apollo 13.
In quel caso gli astronauti dovettero trovare il modo di infilare un gancio quadrato in una sede circolare. Anche sulla Stazione Spaziale Internazionale gli astronauti devono spesso lavorare per risolvere intoppi e aggiustare pezzi rotti. E per farlo devono utilizzare quei pochi materiali che hanno a disposizione. Cartone, buste di plastica, nastro adesivo, rifiuti, oggetti di uso comune. Qualsiasi cosa.
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Facciamo qualche esempio. Quando la Stazione Spaziale Internazionale era in costruzione, uno dei pannelli solari appena dispiegati si strappò. Ovviamente a bordo mancavano le strumentazioni tecniche necessarie per aggiustarlo. E quindi? Gli ospiti dell’ISS provarono a intervenire costruendo degli enormi giunti, con cui rattoppare lo strappo. Pensate un po’, quei giunti sono ancora agganciati al pannello.
Tempo fa ci fu un problema con il modulo Zvezda, che era arrivato nel 2000 dalla Russia per fornire ai quattro astronauti presenti nella Stazione tutti i necessari sistemi di supporto vitale. Dopo più di vent’anni di onorato lavoro, il modulo iniziò a presentare delle falle: c’era un buco da qualche parte, che creava pericolose perdite. Gli astronauti utilizzarono il rivelatore ultrasonico di perdite, ma senza successo.
La situazione fu risolta quando qualcuno provò a sfruttare delle foglie di tè come indicatori. Le foglioline furono infatti attirate dalla perdita e in questo modo gli astronauti rintracciarono il buco sulla carena di Zvezda.
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Il 15 maggio 2009 una tubazione di ammoniaca di un pannello radiatore danneggiato fu chiusa meccanicamente per essere isolata dal resto del sistema di raffreddamento, grazie a una valvola controllata da un computer. La stessa valvola fu usata subito dopo per scaricare l’ammoniaca dal pannello danneggiato, eliminando così la possibilità di una fuga dal sistema di raffreddamento tramite il pannello danneggiato. Quel danno costrinse, temporaneamente, gli astronauti a evacuare il segmento statunitense per rifugiarsi in quello russo.
Nel 2012, avvenne qualcosa di davvero bizzarro. Gli astronauti Sunita Williams e Akihiko Hoshide dovevano riparare il pannello di accensione principale della Stazione Spaziale. Uscirono così fuori, come si suol dire in missione extraveicolare, e si trovarono di fronte a un sistema compromesso a causa di bulloni ossidati dalle polveri metalliche. Bisognava pulire i bulloni ma senza rompere i pannelli elettrici. E come farlo? Serviva uno strumento sensibile…
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Colpo di genio: gli astronauti improvvisarono uno scrostatore con dei cavi dell’alta tensione e uno spazzolino da denti da due dollari. E quello spazzolino ha di fatto salvato il sistema elettrico dell’intera ISS.
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