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Scienza

Il vero problema dell’Antartide | Come il buco dell’ozono agisce sul ciclo dello iodio

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Giuseppe F

IL buco dell’ozono influisce negativamente sui processi chimici ambientali dell’Antartide? A quanto pare, è proprio così. E la situazione potrebbe essere peggiore del previsto. Un team di ricerca promosso dall’università Ca’ Foscari di Venezia ha tentato di dimostrare quali potrebbero essere i rischi maggiori.

Secondo un team internazionale guidato da scienziati dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’università Ca’ Foscari di Venezia, la riduzione dello strato di ozono nell’atmosfera ha influito negativamente sul ciclo dello iodio intrappolato nel ghiaccio dell’Antartide.

Antartide e buco nell’ozono (Pixabay) – curiosauro.it

Il delicato rapporto fra ozono, iodio e Antartide

Il lavoro di ricerca, pubblicato su Nature Communications, si è concentrato sull’analisi di un periodo di circa duecento anni e ha dimostrato che il buco nell’ozono ha un reale impatto sui processi chimici ambientali e, di conseguenza, sulle proiezioni climatiche future dell’intero mondo. A essere in pericolo è innanzitutto la salute umana. Di fatti, alterando i processi chimici ambientali del Polo Sud, l’allargarsi del celebre buco nello strato protettivo d’ozono comporta una cospicua riduzione dello iodio (I) intrappolato nel ghiaccio antartico.

All’apparenza pare che la ricerca ribadisca un dato già acquisito, ma non è così. Tramite quest’accertamento della variazione dell’elemento iodio, gli scienziati hanno trovato una chiara e inequivocabile corrispondenza di mutazione nell’andamento dei valori dell’ ozono nel cielo dell’Antartide. Si tratta, in parole povere, di osservare da vicino e valutare gli effetti della radiazione ultravioletta sulla concentrazione dello iodio nella neve.

Iodio, il termometro della salute della Terra

Inquinamento e buco nell’ozono (Pixabay) – curiosauro.it

Il ghiaccio dei Poli è uno scrigno meraviglioso di informazioni per la scienza. Al suo interno, sono serbati elementi puri, che dicono tanto sullo stato di salute della Terra. Per condurre la loro ricerca, gli scienziati hanno estratto una lastra di ghiaccio lunga circa dodici metri, nei pressi della stazione di ricerca internazionale Concordia. L’obiettivo era quello di analizzare dal punto di vista chimico l’evoluzione temporale dello iodio in un periodo di circa due secoli, ossia dal 1800 al 2012.

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Così, per la prima volta, è stato possibile osservare e valutare gli effetti della radiazione ultravioletta sulla concentrazione di iodio nella neve. Lo iodio, infatti, svolge un compito fondamentale nella chimica atmosferica polare e rivela un ruolo finale di primaria importanza per l’equilibrio della radioattività del pianeta. La qualità delle nostre acque e dell’aria dipende dallo iodio.

Tramite l’analisi dello iodio, quindi, si può studiare lo scambio tra neve e atmosfera, che è cruciale al fine di perfezionare le proiezioni climatiche future. Ecco perché si può dire che l’andamento della concentrazione di iodio nel ghiaccio è un affidabile termometro per valutare lo stato di salute del pianeta.

I risultati dell’analisi sullo iodio contenuto nel ghiaccio in Antartide e le implicazioni della scoperta

Iodio nel ghiaccio dell’Antartide (Pixabay) – curiosauro.it

Con la loro analisi i ricercatori hanno riscontrato concentrazioni pressoché costanti di iodio dal 1800 al 1974, e poi una drammatica riduzione dal 1975 al 2012. Senza dubbio, la riduzione della concentrazione di iodio e la sua conseguente emissione in atmosfera in quest’ultimo arco temporale, è imputabile alla riduzione della concentrazione dell’ozono stratosferico, quindi all’aumento della radiazione UV che raggiunge la superficie dell’Antartide.

I ricercatori potranno ora applicare lo studio dello iodio nelle lastre di ghiaccio antartiche per valutare la presenza di altri fenomeni di riduzione dell’ozono stratosferico avvenuti nel passato, potenzialmente fino a un milione e mezzo di anni fa, grazie all’avvio imminente del progetto internazionale Beyond Epica, coordinato dal CNR-ISP e a cui partecipa Ca’ Foscari. Sono passati più di quarant’anni dalla scoperta dell’assottigliamento dello strato di ozono stratosferico, ma molti studiosi sono ancora scettici sull’interpretazione da attribuire al fenomeno.

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Le ricerche svolte sui ghiacci dei Polo Sud sono appunto rilevanti per confermare i pericoli connessi al buco nell’ozono. Gli effetti negativi dell’uomo sull’ambiente sono reali e dimostrati. Non ci sono più alibi: bisogna ridurre le emissioni di gas inquinanti. Subito.

Giuseppe F

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