L’Uomo di Tautavel: eccolo qua l’anello mancante nella catena evolutiva tanto ricercato dagli specialisti. La scienza, oggi, lo ha riconosciuto come rappresentante del ramo europeo della specie che diede origine ai Neanderthal…
Scoperto cinquant’anni fa, l’Uomo di Tautavel viene oggi richiamato in causa da archeologi ed evoluzionisti per dare un volto all’anello mancante della lunga catena che ha condotto gli ominidi preistorici alla condizione di uomini.
Il cranio del primo Uomo di Tautavel fu scopero nel 1971 dai coniugi Antoinette e Henry de Lumley nella grotta dell’Arago, sui Pirenei francesi. Il nome dato a questo progenitore dell’uomo deriva infatti da un villaggio vicino a quelle grotte: Tautavel.
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Secondo gli studiosi, questa specie visse tra il 579 e i 400 mila anni fa, e va dunque considerato posteriore all’africano Homo Ergaster e antecedente sia all’Uomo di Neanterthal che all’Homo Sapiens.
Abbiamo pochi reperti di quest’umanoide (in tutto, sono stati trovati una trentina di esemplari), perché i fossili provengono tutti dalla grotta dell’Arago. Ciononostante sappiamo molte cose interessanti sulla specie. Per esempio, siamo sicuri che l’Uomo di Tutavel attraversò un paio di glaciazioni, e si adattò quindi a condizioni davvero estreme.
Aveva un’altezza non difforme dalla nostra: in media era alto uno e sessantacinque. Pesava più o meno cinquanta chili. Presentava un volto corto, una fronte sfuggente, una testa assai piatta. Il suo cervello, però, aveva grossomodo le dimensioni di quello di un Sapiens.
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Viveva in caverne, non padroneggiava il fuoco, ma usava strumenti di pietra del tipo acheuleano, cioè con facce simmetriche, e aveva quindi una capacità di pensiero astratto.
La sua capacità più sorprendente era quella di saper produrre e utilizzare blocchi convessi e scalfiti di pietra, delimitati da margini affilatissimi. Con questi strumenti cacciava e macellava le prede. Di norma attaccava il cavallo selvatico, il bue muschiato, il rinoceronte e il bisonte. E per fare una cosa del genere doveva essersi per forza organizzato in gruppi, e quindi aver sviluppato una forma di comunicazione efficiente.
Il suo cervello, per conformazione, doveva già aver sviluppato una specializzazione laterale favorevole al linguaggio parlato. In più, chi ha studiato le orecchie di questi nostri antenati ha riconosciuto forme anatomiche funzionali al riconoscimento di un linguaggio complesso.
In base a tutte queste caratteristiche, questa specie, pur essendo contemporanea all’Homo Erectus e all‘Homo Heidelbergensis, può essere interpretata come vicina al Neanderthal. Per questo possiamo definire l’Uomo di Tautavel il vero anello mancante nell’evoluzione della specie.
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