Si tratterebbe di una notizia straordinaria quella che riguarda la scoperta di un corpo celeste nello spazio, in orbita attorno a una stella in una galassia esterna. La scoperta è stata fatta grazie all’utilizzo del Chandra X-ray Observatory della NASA. Si tratterebbe di un esopianeta, cioè un pianeta esterno al Sistema Solare, che orbiterebbe all’interno della Galassia a Spirale Messier 51 o M51.
Se finora sono stati rilevati più di cinquemila esopianeti nello spazio, questi erano tutti a una distanza di circa tremila anni luce dalla Terra e, seppur esterni al Sistema Solare, comunque appartenenti alla Via Lattea. In questo caso, abbiamo in mano la scoperta di un pianeta a ben 28 milioni di anni luce dalla Via Lattea. La sua unicità sta nella posizione distante: sarebbe infatti il primo pianeta che fa parte di un’altra galassia.
Un gruppo di scienziati dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge e della Princeton University a cui fa capo l’astronoma Rosanne Di Stefano, ha pubblicato un articolo su Nature Astronomy. In esso si precisano gli interventi, le ipotesi e le scoperte ottenute grazie ai rilevamenti effettuati con il telescopio a raggi X Chandra della Nasa.
Si tratta di un telescopio orbitale lanciato nel 1999 , nello spazio, che permette l’osservazione del cielo nei raggi X. Tramite questo potente strumento, sono stati rilevati in questi anni, dati e materiali di studio importantissimi. Secondo la Di Stefano “Il metodo che abbiamo sviluppato e impiegato rappresenta l’unica tecnica implementabile per scoprire sistemi planetari in altre galassie, perché consente di individuare oggetti a qualunque distanza sia possibile misurare la curva di luce”.
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Dalle analisi fatte, sembra che questo presunto pianeta, denominato M51-ULS-1b, abbia le dimensioni di Saturno e orbita attorno alla propria stella a una distanza pressoché doppia rispetto a quella che s’interpone tra il nostro pianeta ad anelli dal Sole.
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Seppur basse, le probabilità che non si tratti di un pianeta ovviamente sono espresse dagli stessi studiosi. Come afferma Julia Berndtsson della Princeton University – co-firmataria dell’articolo – “Il corpo che abbiamo rilevato potrebbe in realtà anche dipendere da un ammasso di gas e polvere. Si tratta di un’ipotesi poco probabile, ma dobbiamo comunque considerare tutte le possibilità finche’ non avremo la certezza della scoperta”.
Il problema in tutto ciò sono i tempi, bisogna infatti attendere circa 70 anni per poter rivedere il potenziale pianeta nella stessa posizione. Questo riduce enormemente le possibilità di conferma e aggiornamenti a breve termine.
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