I sommelier e gli esperti tramite l’osservazione di questo fenomeno hanno uno strumento di osservazione in più. Noi vi spieghiamo cosa sono e perché si formano gli archetti nel vostro calice di vino.
Fresco, fruttato, tannico. Sono solo alcune delle molteplici definizioni che si attribuiscono alla più antica bevanda alcolica, che molti appassionati, tra dilettanti e professionisti, assaggiano con la maniera che si addice a chi ha educato il proprio palato al riconoscimento di particolari qualità del loro vino in calice.
Una delle caratteristiche più propriamente scientifiche però ve la possiamo svelare qui. Si tratta di quelle piccole goccioline che restano sospese lungo le pareti del calice. Sono più propriamente definibili come “archetti” e più comunemente conosciute come “lacrime”. Sapete come e perché di formano?
Più alcool? Più “lacrime”
Ebbene sì, più è alcolico il nostro vino, più è possibile notare la formazione degli archetti sulle trasparenze del vostro bicchiere. Tutto è legato alla composizione chimica del vino che contenendo alcool permette un meccanismo di tensione superficiale lungo le pareti del calice. Questo effetto provoca all’inizio uno strato del fluido che persiste sul vetro e che infine – con la parziale evaporazione dell’alcool – si slega dissolvendosi in goccioline distanziate dette appunto lacrime.
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Gli studi scientifici dietro “L’Effetto Marangoni”
Il particolare fenomeno provocato dal vino è in realtà sotto analisi e studi da molti anni. Il primo a osservare questo particolare fenomeno fu James Thompson nel 1855, mentre esattamente dieci anni dopo nella sua brillante tesi di dottorato in Fisica, Carlo Marangoni ne pubblica risultati analitici accurati. Dietro questi si spiegano gli effetti di diversi tipi di tensione superficiale (come lo strato di sapone sulla superficie dell’acqua) ai quali successivamente si deve la definizione di Effetto Marangoni.
Le ricerche più recenti e le onde d’urto
Più recentemente alcuni studenti dell’Università della California hanno spiegato come tutto ciò derivi da un’interazione di più elementi. Concorrono infatti fattori fisici, come la forma del calice e il movimento del vino al suo interno provocato come un’onda d’urto dalla mano che lo scuote; con quelli chimici: la consistenza in sé del vino parzialmente alcolico. Tutto questo sembra spiegare la formazione e la persistenza di quest’affascinante “onda” e il suo progressivo disgregamento in archetti o lacrime.
Ebbene, se non siete degli esperti enologi, la prossima volta che vi chiedono com’è il vino, avrete un ottimo argomento su cui pilotare la vostra conversazione se il massimo che avete potuto dire finora di ciò che sta nel vostro bicchiere è se sia bianco o rosso…!